Niccolò Copernico (1473-1543, astronomo polacco) a proposito della Matematica nella sua opera principale “De revolutionibus orbium coelestium” (La rivoluzione delle sfere celesti) afferma, in qualche modo sorprendente, che: “La matematica è scritta per i matematici”.
Sarcasticamente, oltre duecento anni dopo, Novalis (pseudonimo di Friedrich Leopold von Hardenberg – 1771,1801 – poeta, scrittore e filosofo del primo romanticismo tedesco) notava che “essi sono gli unici unti dal Signore per capirla”.
Il che, naturalmente, non è vero..
Meno di un secolo dopo Copernico, nel 1623, Galileo Galilei (1564-1642) nella sua opera “Il Saggiatore” (VI, 232) afferma che “…l’universo non si può intendere se prima non s’ impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri ne’ quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri sono triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto”: è come dire che la Natura è un libro scritto in caratteri matematici e senza la matematica non c’è alcuna forma di conoscenza.
Viene naturale chiedersi allora cos’è la Matematica?
La risposta è ancora di Galileo. In sintonia con quanto detto nel Saggiatore Egli dà la seguente definizione: la matematica è l’alfabeto con cui Dio ha scritto l’universo. Come tale la matematica è, dunque, una “cosa seria”. Non importa se è “facile” o “difficile”.
Etimologicamente. In greco “mathema” è “apprendimento”. Per i Greci la Matematica era lo studio e il sapere per eccellenza. E studio, per i Latini, viene da “studeo”, che vuol dire “amare”. Un bel passaggio: da sapere ad amare! Ma non si ama se non si conosce. E non si è spinti a conoscere, se non c’è l’approccio giusto.
Il segreto è tutto qui. Saper mostrare un’idea. Togliere il “terribile” dai numeri. Tra i vari numeri π è il più famoso e misterioso, non finisce mai di meravigliarci.
Esso, infatti, non si limita a comparire come curiosità matematica ai margini della nostra vita quotidiana, ma al contrario ne fa parte integrante. Basti pensare che il periodo delle oscillazioni di un pendolo, la forza di Coulomb che si esercita fra due cariche elettriche, il principio di indeterminazione (1927) enunciato dal fisico tedesco Werner Karl Heisenberg (1901-1976), sono importanti per la nostra vita e sono governati da π. Si pensi che ogni volta una corda vibra, un’onda elettromagnetica o il suono di uno strumento musicale si diffondono, la temperatura in una sbarra di metallo si propaga, un profumo nell’aria o l’influenza stagionale ci inondano π è lì a governare le oscillazioni proprie del mezzo, il timbro di quel particolare fenomeno fisico. Ciò perché le frequenze proprie di oscillazione sono governate da funzioni periodiche (seni e coseni), che lo chiamano continuamente in causa.
Anche la medicina, la finanza, la demografia, la sociologia, l’industria … sono interessate a le sopraddette scienze sono strettamente legate alla statistica in cui gioca un ruolo fondamentale la distribuzione normale (detta anche a campana) delle frequenze espressa dalla funzione Gaussiana, ,che dipende in modo incisivo da .
Martin Gardner (1914-2010), uno dei più grandi matematici, illusionista e divulgatore scientifico statunitense, afferma che il numero π, correttamente interpretato, contiene l’intera storia dell’umanità.
Ed è in quest’ottica che il preside Giuseppe D’Urso nel suo volume “Viaggio con ” (Europa Edizioni, settembre 2013), spaziando storicamente nei millenni e geograficamente fra i vari continenti, studia suscitando interesse e curiosità. La varietà e vastità delle tematiche trattate, legate da un intimo carattere di unitarietà, sono espressione di una visione storica, ampia e profonda.
Come ebbe a dire un suo primo lettore, il testo è ricco come un sito web nel quale è possibile navigare su una molteplicità di rotte. Il volume in effetti offre una pluralità di itinerari tra memoria storica e proposta didattica; le fitte notazioni storiche poi assieme alla ricca, qualificata e articolata bibliografia spingono e suggeriscono momenti di intensa riflessione sullo sviluppo storico del pensiero matematico.
Sulla copertina del testo è riportata la colonna del Tempio di Hera Lacinia di Crotone, che ricorda la Scuola Pitagorica, culla degli irrazionali. La profondità del mare ricorda la profondità dei numeri irrazionali. D’altra parte Georg Cantor (1845-1918, matematico tedesco, padre della moderna teoria degli insiemi) immaginava l’insieme infinito come un abisso.
Il testo si apre con la risoluzione di taluni problemi di geometria tramite circonferenze e rette, quindi, tramite compasso e riga non graduata, tipici dell’antica Grecia. Si costruiscono la sezione aurea di un segmento, il quarto proporzionale tra tre segmenti dati, il medio proporzionale tra due segmenti dati. Si costruiscono il triangolo equivalente ad un poligono assegnato di n lati e il quadrato equivalente ad un triangolo dato. Si accenna anche al criterio di esistenza della geometria del tempo: un ente geometrico è esistente se è costruibile con riga e compasso.
L’Autore tratta le lunule quadrabili di Ippocrate ed introduce il problema classico della quadratura del cerchio, che postula l’esigenza di rettificare la circonferenza.
La determinazione del valore di π, rapporto tra la circonferenza e il suo diametro, appartiene al mondo dell’esperienza fisica fino ad Archimede (287-212, a.C.). A Lui si deve il primo calcolo teorico, assumendo come primitivo il concetto di circonferenza rettificata. Egli, riprendendo le argomentazioni di Antifonte (480 a.C.?- 410 a.C.?) e di Brissone di Eraclea ( V sec. A. C.), continua all’infinito la costruzione dei poligoni inscritti e circoscritti, e, rinunciando deliberatamente alla misura esatta della circonferenza in favore di un calcolo approssimato, determina le seguenti limitazioni 223/70=3+10/71<π<3+1/7=22/7 da cui π uguale a circa 3,14.
Successivamente Apollonio di Perga (262-190, a.C), più giovane di Archimede, utilizzando lo stesso suo procedimento, attribuisce il valore 3,141 e determina la terza cifra decimale.
Dopo aver riportato i valori di determinati da Filone da Gadara (I sec. a.C.), da Erone (vissuto tra il I e il II secolo d.C) e da Claudio Tolomeo (100?-170?), che sono uguali a quello determinato da Apollonio, passa ad esaminare i valori di trovati dai matematici dei paesi dell’estremo oriente quali Cina e India, nonché dagli arabi. Tali valori saranno ritrovati dai matematici occidentali parecchi secoli dopo.
Nel basso medioevo Leonardo Fibonacci (1170?-1250?), noto anche col nome di Leonardo Pisano, studiando la matematica degli arabi viene a conoscenza dell’opera di Archimede “La misura del cerchio”. Nella sua “Practica Geometriae” riprende il procedimento archimedeo per approssimare e con limpido ed ineccepibile rigore logico, malgrado delle inesattezze nelle approssimazioni numeriche, utilizzando calcoli di minor complessità rispetto a quelli usati da Archimede, determina la terza cifra decimale del celebre rapporto, confermando i risultati ottenuti da Tolomeo circa dieci secoli prima.
Continua ancora l’Autore, illustrando per l’approssimazione di π quattro metodi elementari prettamente geometrici (metodo dei perimetri, delle aree, degli isoperimetri, degli equivalenti). Notazione decimale e introduzione delle frazioni nel 1573 permettono a Valentino Ohto (1545?-1605, matematico e astronomo tedesco) e a Adrian Anthonisz (1527-1607, matematico e astronomo olandese), ognuno per proprio conto, di determinare come valore approssimato di π la frazione 355/113= 3+ da cui 3,141592.. Vengono così determinate sei cifre decimali esatte di π. Solo dopo tre secoli Jakob de Gelder (1765-1848, matematico e astronomo olandese) riuscì ad interpretare geometricamente la frazione .
Nei secoli XVII e XVIII le ricerche relative a π si intensificano sulla base di nuovi strumenti di calcolo (prodotti infiniti, frazioni continue, serie infinite), che hanno consentito una maggiore approssimazione di .
Francois Viète (1540-1603, matematico francese) nel 1593 fu il primo a dedurre una forma analitica per π, rappresentandolo come prodotto infinito. Determinò nove cifre decimali esatte di π. Johann Heinrich Lambert (1728-1777, matematico, fisico e filosofo svizzero) nel 1770 determina uno sviluppo di π in frazione continua, determinando con R26 (la ridotta di ordine 26) venticinque cifre decimali esatte. A lui è anche attribuita la prima dimostrazione dell’irrazionalità di π (1768). Nel 1706 John Machin (1685-1751, matematico e astronomo inglese) utilizzando le serie, calcolò 101 cifre esatte di π. La serie di Machin è stata utilizzata fino agli anni ’40 del novecento.
L’Autore tratta talune delle sorprendenti relazioni determinate da Srinivasa Ramanujan (1887-1920), una serie focalizzata dai Fratelli Chudnovsky (matematici statunitensi di origine sovietica) ed una serie dovuta ai Fratelli Borwein (matematici canadesi).
Dimostra ancora che π è irrazionale (cioè non è esprimibile come rapporto di due numeri naturali) e trascendente (cioè non è radice di alcuna equazione algebrica a coefficienti interi).
In “Viaggio con π”, da Archimede a Fibonacci, dal calcolo delle cifre di π tramite funzioni analitiche ai teoremi di Liouville (1809-1882), di Hermite (1822-1901), di Lindemann (1852-1939), tutto si armonizza e concorre a rendere la matematica, per molti materia ostica e di difficile comprensione, semplice, fruibile e molto interessante. Il D’Urso senza sacrificare la rigorosità logica delle dimostrazioni, malgrado il tecnicismo dei calcoli, sa offrire un valido e sicuro ausilio a quanti studenti, cultori e ricercatori di matematica, neofiti curiosi, si pongono il problema della natura degli “oggetti matematici” e vogliono sapere che cos’è la matematica.
Angelo Lizzio